Ieri avrei dovuto essere sul traghetto per Pantelleria. Invece guidavo da otto ore per strade secondarie dei Balcani. Mi sono fermato in una piazzola di sosta, dalle parti di Travnik. Credo di aver chiuso gli occhi per una decina di minuti. Quando li ho riaperti, davanti alla mia auto c’era un cane. Forse un cucciolo, a giudicare dalle zampe che promettevano una stazza più importante, ma con un’espressione già adulta nello sguardo, come certi cani di strada. Non avevo niente da mangiare in auto. Non ho voluto scendere, perché sapevo che se lo avessi carezzato, o mi avesse scodinzolato, non avrei resistito alla tentazione di portarlo via, di sottrarlo al traffico, o a non so che. E invece devo fare altro. Ci siamo guardati, senza capire. Ho suonato il clacson perché si spostasse, e lui si è mosso, piano. Anch’io. La vita sa essere crudele, a volte.
Mi sono chiesto spesso, in quei pensieri avvitati su se stessi, se la vita sia stata crudele con Kemal, o invece sia stata generosa, dandogli sempre una seconda opportunità. E naturalmente quei pensieri implicano anche il destino, la fede,la vanità delle battaglie. Vengo al dunque: Kemal ha venticinque anni, e sta affrontando da due anni un tumore. Ha bisogno di essere operato con urgenza – il medico dice entro un mese – perché un linfonodo minaccia il rene. Alla vigilia del ricovero a Sarajevo gli è stato detto che non è possibile operarlo qui. Con le carte, in Italia, ho parlato con qualche medico, per capire se fosse una pietosa menzogna: no, è un’operazione complessa, ma si deve e si può fare.
Avrei voluto tenere questa storia nei confini del privato, per me e per Kemal, Ma ho parlato con ospedali italiani e non è possibile operarlo se il suo paese non assume l’impegnativa per le spese, in convenzione (e si tratta di spese fuori dalla portata di un singolo, altrimenti ci avrei pensato da me). Kemal è andato negli uffici preposti: no, questa operazione non la possono pagare. La sanità, qui, è alla frutta, negli ospedali mancano persino i guanti usa e getta. Torneremo alla carica, voglio premere e denunciare, ma tutti i miei amici qui sono pessimisti. Che cosa fare ? Avrò bisogno dell’aiuto di tutti e di ciascuno di voi. Non soldi, ma la pressione perché un ragazzo di venticinque anni abbia il diritto di sperare.